Nel cimitero c’è un’oca. Così dice Nicola, ma Rita e Rosaria non gli credono. Lui col suo cannocchiale vede cose che non esistono, questo gli dice la sorella, impegnata con l’amica a raccontare vecchie storie di paese. Inizia la ricerca tra i viali alberati del camposanto. Tra l’infanzia e l’adolescenza esistono dei momenti in cui il tempo e lo spazio si distendono e sembra di essere persi nel presente tra pensieri che sembrano troppo grandi e scherzi dell’immaginazione. Nel cimitero, luogo che tende verso qualcosa che non si vede ma si avverte soltanto, i tre protagonisti corrono, chiacchierano, si scambiano piccole confidenze. Restano sempre ai margini delle inquadrature, come se il nostro sguardo non riuscisse a raggiungerli e li dovesse lasciare un attimo da soli, mentre loro cercano di raggiungere l’oca che è a metà tra la fantasia di un bambino e la realtà. Nella sua immagine, assieme al racconto antico di una sposa morta tanti anni prima, la rappresentazione della ciclicità vita-morte-vita.
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